Il giorno dopo la tempesta: Inter umiliata, Inzaghi in bilico, ma i conti sorridono
Riassunto
Notte da incubo a Monaco: il PSG travolge l'Inter 5-0 nella finale di Champions più umiliante della storia nerazzurra. Thuram e Lautaro spariti, primo tiro al 75'. Inzaghi al bivio: martedì il vertice decisivo con Al-Hilal che offre 25 milioni. Nel giorno della finale muore Ernesto Pellegrini, storico presidente dell'Inter dei record. Acerbi dice no alla Nazionale: "Pretendo rispetto". Sul mercato spuntano Hojlund e Bonny, Frattesi verso l'addio dopo la lite con Inzaghi.
Monaco, notte da incubo: l'Inter si scioglie sotto i colpi del PSG
Credetemi, non c'erano parole ieri sera all'Allianz Arena. Il 5-0 del PSG all'Inter non è solo una sconfitta, è una lezione di calcio che fa male, malissimo. Una finale di Champions che nessuno si aspettava così, nemmeno nei peggiori incubi. I nerazzurri sono letteralmente scomparsi dal campo, travolti da un ciclone parigino che ha fatto sembrare la squadra di Inzaghi una formazione di dilettanti.
Il primo tiro in porta dell'Inter? Al 75'. Roba da non credere. Thuram e Lautaro sono spariti, come scrive giustamente la Gazzetta, "travolti da loro stessi ancor prima che mangiati dagli avversari". La ThuLa, che ci aveva portato fino a Monaco con giocate da sogno, si è trasformata in un fantasma. E quando i tuoi bomber non si presentano all'appuntamento più importante, beh, il disastro è servito.
Dumfries, con la sua solita onestà, ha ammesso tutto: "Hanno meritato di vincere al 100%, noi abbiamo perso l'opportunità con un 5-0". Parole che pesano come macigni, ma almeno sincere. Perché negare l'evidenza sarebbe stato ancora più patetico. Il PSG ha dominato in lungo e in largo, con Doué che a 20 anni ha fatto quello che voleva della nostra difesa.
La cosa che fa più male? Non è stata questione di episodi o di sfortuna. È stata una superiorità netta, schiacciante, umiliante. Come ha detto Acerbi: "Andavano al doppio di noi". E quando un difensore esperto come lui ammette che gli avversari erano "ingiocabili", capisci che la serata è andata oltre ogni previsione. Il punto è questo: l'Inter ha vissuto la sua Waterloo europea, e ora tocca rialzarsi dalle macerie di una sconfitta che resterà nella storia per tutti i motivi sbagliati.
Inzaghi al bivio: martedì il vertice che può cambiare tutto
"Non so se andrò negli Stati Uniti per il Mondiale per Club". Quando un allenatore pronuncia queste parole dopo una finale di Champions, significa che qualcosa si è rotto. Simone Inzaghi è arrivato al bivio della sua carriera nerazzurra, e martedì ci sarà l'incontro decisivo con la dirigenza per capire se proseguire insieme o separarsi.
L'Al-Hilal è lì che aspetta con 25 milioni netti per tre anni, una cifra che fa girare la testa a chiunque. Ma non è solo questione di soldi. Dopo il 5-0 di Monaco, anche la società ha iniziato a riflettere seriamente. Marotta ha provato a spegnere l'incendio con le sue dichiarazioni diplomatiche, ma la realtà è che un risultato del genere cambia gli equilibri.
Il problema è che Inzaghi vorrebbe una rivoluzione della rosa, mentre la società pensa a un semplice restyling. "Il club ne ha presi due, ma sa che ne servono altri", ha detto il tecnico in sala stampa, con una punta di polemica nemmeno troppo velata. E quando un allenatore inizia a fare richieste pubbliche dopo una batosta simile, significa che i rapporti si sono incrinati.
Capitolo alternative: se Inzaghi dovesse dire addio, il nome caldo è quello di Cesc Fabregas. Lo spagnolo piace molto ad Ausilio e Marotta, ma il Como ha sempre fatto muro. Servirebbe che sia lo stesso Fabregas a spingere per Milano, cosa non scontata visto che i lariani gli hanno offerto un rinnovo fino al 2029 da 5 milioni a stagione.
La sensazione è che martedì si deciderà tutto. O Inzaghi rinnova fino al 2027 con un progetto condiviso, oppure sarà addio con buonuscita. Il Mondiale per Club è alle porte (si parte l'11 giugno per gli USA) e non c'è tempo da perdere. Una cosa è certa: dopo Monaco, niente sarà più come prima.
Addio a Ernesto Pellegrini, il presidente gentiluomo che amava l'Inter
Il destino ha una sua crudele ironia. Mentre l'Inter veniva umiliata a Monaco, se ne andava Ernesto Pellegrini, 84 anni, l'uomo che aveva guidato i nerazzurri nello scudetto dei record del 1989. Un presidente d'altri tempi, quando il calcio aveva ancora un'anima e i dirigenti erano prima di tutto galantuomini.
Pellegrini era il figlio degli ortolani di Morsenchio che aveva costruito un impero della ristorazione partendo dal niente. Diploma in ragioneria al Verri, primo lavoro da contabile alla Bianchi per 50mila lire al mese. Ma aveva fiuto per gli affari e soprattutto un amore viscerale per l'Inter che lo aveva portato, nel 1984, a rilevare il club da Ivanoe Fraizzoli.
Sotto la sua gestione arrivarono i tedeschi che fecero sognare San Siro: Rummenigge, Matthäus, Klinsmann, Brehme. Giocatori che ancora oggi vengono ricordati con affetto perché Pellegrini sapeva creare un ambiente familiare. "Ci metteva l'affetto di un padre", raccontava Klinsmann. "Sapeva viziare e sapeva diventare severo".
Lo scudetto del 1988-89 resta il suo capolavoro: 58 punti sui 68 disponibili, 11 lunghezze di vantaggio sul Napoli di Maradona. Un dominio che sembrava impossibile e che invece Trapattoni e i suoi campioni resero realtà. Poi arrivarono anche due Coppe UEFA (1991 e 1994), a completare un palmares di tutto rispetto.
Ma Pellegrini non era solo calcio. Negli ultimi anni aveva aperto il ristorante Ruben in zona Giambellino, dove ogni sera si servivano 400 pasti gratuiti per i più bisognosi. Il nome era quello di un bracciante della cascina della sua infanzia, morto assiderato in una baracca. "Avevo il rimorso di non aver potuto fare nulla per lui", aveva spiegato. Ecco, questo era Ernesto Pellegrini: un uomo giusto che non aveva mai dimenticato le sue radici.
Caso Acerbi: il no alla Nazionale che fa discutere
"Pretendo rispetto. Non resto dove non sono più voluto davvero". Francesco Acerbi ha detto no alla Nazionale con un messaggio che sa di rottura definitiva. Il difensore dell'Inter ha rifiutato la convocazione di Spalletti per le qualificazioni mondiali, scatenando un caso che va oltre il semplice forfait.
La vicenda è iniziata con un sms al ct: "Stamattina via sms mi ha detto di no", ha rivelato Spalletti in conferenza stampa. "Poi ci siamo sentiti al telefone". Ma le parole del commissario tecnico - "non posso permettermi nessuna depressione" - hanno fatto infuriare Acerbi, che ha replicato piccato sui social.
Il punto è questo: Acerbi si sente vittima di un trattamento poco rispettoso. Le critiche sulla sua età (37 anni), i dubbi sulla sua tenuta fisica, la sensazione di essere considerato un ripiego. "Alla luce degli ultimi avvenimenti non esistono ad oggi le condizioni per proseguire serenamente questo percorso", ha scritto su Instagram.
Spalletti ha provato a minimizzare, spiegando che "ha ripensato a ciò che è successo attorno a lui". Ma la realtà è che il rapporto si è incrinato definitivamente. Non è stata la sconfitta in finale di Champions a influenzare la decisione ("non è dettata dalla depressione per una finale persa", ha precisato Acerbi), ma una questione di principio.
Buffon ha commentato con saggezza: "Ha detto no all'Italia, non a Spalletti. Ma la scelta va rispettata". Già, perché alla fine ognuno ha il diritto di decidere del proprio futuro. Anche se dire no alla maglia azzurra, soprattutto in un momento delicato come le qualificazioni mondiali, lascia sempre l'amaro in bocca. Ora tocca agli altri dimostrare che l'Italia può fare a meno anche dei suoi veterani più esperti.
Mercato Inter: da Hojlund a Bonny, la rivoluzione che verrà
Ora, prestate attenzione: dopo la disfatta di Monaco, l'Inter deve necessariamente cambiare marcia sul mercato. Sucic e Luis Henrique sono solo l'antipasto di una sessione che promette di essere molto più movimentata del previsto. La dirigenza ha capito che servono interventi più profondi.
Per l'attacco spunta il nome di Rasmus Hojlund: il 22enne danese del Manchester United è finito nel mirino nerazzurro. L'ex Atalanta non sta brillando in Premier e i Red Devils potrebbero aprire al prestito con diritto di riscatto. Un'operazione che permetterebbe all'Inter di puntare su un profilo giovane e di prospettiva, seguendo le linee guida di Oaktree.
Ma non è finita qui. Ange-Yoan Bonny del Parma è il nome per la quarta punta: 21 anni, fisico alla Thuram, valutato 20 milioni. Il problema è che il Parma non fa sconti, quindi servirà creatività nella trattativa. Magari inserendo qualche contropartita tecnica per abbassare la parte cash.
Capitolo cessioni: Frattesi è sempre più lontano da Milano. Il centrocampista ha avuto un duro confronto con Inzaghi dopo la finale ("Perché non mi hai fatto entrare?") e la rottura sembra definitiva. Roma e Napoli sono interessate, con i giallorossi che potrebbero mettere sul piatto Mancini come contropartita. Anche Bisseck potrebbe partire se arrivasse un'offerta importante dalla Premier.
L'obiettivo della dirigenza è creare un tesoretto da 60 milioni dalle cessioni. Oltre a Frattesi e Bisseck, si ascolteranno offerte per Taremi e Asllani. Correa e Arnautovic saluteranno a parametro zero, liberando spazio e monte ingaggi per i nuovi arrivi. La sensazione è che questa volta Oaktree sia pronta a investire seriamente per rilanciare il progetto Inter.
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Mentre l'Inter lecca le ferite, il calcio non si ferma mai. La Primavera nerazzurra conquista l'undicesimo scudetto battendo la Fiorentina, con De Pieri e Topalovic che fanno sognare per il futuro. In Serie A è rivoluzione panchine: Gasperini saluta l'Atalanta per la Roma, il Milan riparte da Allegri. Il Mondiale per Club si avvicina: Inter nel girone con River Plate, Monterrey e Urawa Red Diamonds. Aperta la finestra di mercato straordinaria per le 32 partecipanti. Intanto Donnarumma riflette sul futuro: contratto in scadenza col PSG, Bayern e Real Madrid alla finestra. La finale ha fatto record di ascolti: quasi 8,4 milioni di telespettatori per vedere il trionfo parigino. Luis Enrique ha elogiato l'Inter per il fair play mostrato durante la premiazione: "Sono rimasti in campo con rispetto". L'unica consolazione? I conti sorridono: 190 milioni dalla Champions e primo utile della storia moderna.
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